Smart energy, prosumer protagonisti grazie alla blockchain

La distributed ledger technology tra i temi in agenda alla World energy week in corso a Milano. Ma secondo una ricerca Wec-Pwc gli addetti ai lavori sono scettici: l’85% crede che non ci siano ancora le condizioni per un impatto commerciale nel breve periodo

Pubblicato il 09 Ott 2018

blockchain energy

La blockchain è la tecnologia che potrebbe abilitare definitivamente il ruolo dei prosumer – allo stesso tempo produttori e consumatori – nel campo dell’energia. Me se questa è “in teoria” una evoluzione naturale della distributed ledger technology, che si sta sempre più affrancando dal campo delle cryptovalute per trovare applicazione nei campi più disparati, gli addetti ai lavori dell’energia non sembrano ancora così convinti da questa prospettiva. Secondo una ricerca realizzata dal World Energy Week in collaborazione con Pwc, infatti, l’85% di chi opera in questo settore non è convinto che ci siano i presupposti per un impatto commerciale tangibile della Blockchain nel campo della smart energy, almeno nel breve periodo.  Lo studio, “Is blockchain driving an evolution or a revolution”, è uno delle basi di discussione su cui si sta articolando il dibattito alla World energy week, in corso a Milano fino all’11 ottobre, e ha preso in considerazione le risposte di un campione di 39 persone tra leader globali dell’energia, autorità di controllo e think tank del settore. 

Ma quali sono le barriere che impediscono la diffusione della blockchain nel settore della smart energy? Tra le risposte emergono lo scetticismo degli utenti, il fttoche non ci sia un quadro normativo unico e abilitante, e che non sia ancora emerso un modello di business indiscutibilmente percorribile. 

Quanto alla predisposizione degli utenti, la ricerca ne dipinge l’identikit di consumatori “pigri”, che preferiscono le buone vecchie abitudini alla scelta di diventare “attivi”, anche se si dovesse trattare di cambiare fornitore per ottenere un risparmio sulla bolletta, come è avvenuto in Gran Bretagna dove, dopo l’apertura del mercato, il 60% dei consumatori ha preferito rimanere con il proprio fornitore, nonostante questi significhi spesso dover pagare ogni anno 300 sterline in più.

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